Mozione approvata dall’assemblea nazionale della FIAB del 19.4.2015.
Premessa
FIAB ritiene che la sicurezza dei ciclisti e di tutta l’utenza vulnerabile sia un obiettivo primario urgente e imprescindibile. Data la sua importanza l’obiettivo non può essere raggiunto banalizzandolo o proponendo palliativi, bensì occorre individuare gli strumenti più efficaci per raggiungerlo.
Per queste ragioni riteniamo siano da considerare prioritarie le misure di “sicurezza attiva”ovvero le politiche attive per la riduzione dell’incidentalità, così come individuato dal quarto programma quadro della sicurezza stradale 2011-2020 dell’Unione europea.
In particolare, devono essere adottate tutte le misure tecniche di prevenzione (Zone 30, Moderazione del Traffico, etc.), i mezzi e le azioni di protezione collettiva (segnaletica, separazione fisica, controllo delle infrazioni), gli automatismi di controllo della marcia dei veicoli (limitatore automatico di velocità, rilevatori anticollisione, ecc.) nonché i provvedimenti di riorganizzazione dello spazio stradale affinché il rischio sia minimizzato, adottando un costante riferimento alle “best practices”, ossia alle migliori conoscenze ed esperienze.
Tale approccio, rafforzato da adeguate azioni educative, sia per le fasce giovani sia per gli adulti (es. scuole guida), va accuratamente monitorato e sostenuto nelle fasi di progetto, come in quelle di gestione e manutenzione delle strade.
La “sicurezza passiva” ovvero l’autoprotezione del ciclista e del pedone va intesa quale completamento della precedente, e non come alibi per “scaricare” sui ciclisti e sull’utenza vulnerabile l’onere della sicurezza, considerato che l’insicurezza delle strade – sia dal punto di vista strutturale, di manutenzione e di gestione della mobilità – costituisce oggettivamente il fattore determinante della maggior parte degli incidenti.
Spostare l’accento, come da parte di taluni[1] si continua a fare, sull’ampliamento degli obblighi di protezione individuale (casco al ciclista, ecc.) è anche un modo per legittimare lo stato di fatto e la grave insicurezza esistente sulle strade, trasferendo sul singolo obblighi che sono invece di natura innanzitutto collettiva.
Va del resto rilevato che le misure individuali spesso proposte (si pensi al casco) comportano effetti protettivi invero minimi nei sinistri che colpiscono i ciclisti [2].
Peraltro, insistere sulla necessità che il ciclista debba dotarsi di un gran numero di dispositivi di protezione individuale fornisce una immagine distorta (per eccesso) in ordine ai pericoli dell’uso della bicicletta[3], essendo invece i benefici del suo utilizzo di gran lunga superiori ai rischi.
A ciò si aggiunga che l’introduzione della obbligatorietà dei citati dispositivi di sicurezza individuale mal si concilia con la caratteristica principale della bicicletta, che è quella della sua facilità di utilizzo.
Tali misure, dunque, penalizzando la diffusione dell’uso della bicicletta, paradossalmente finiscono per aumentare i rischi per coloro che utilizzano la bicicletta, dal momento che “maggiore è il numero dei ciclisti, maggiore è la sicurezza dei ciclisti stessi”[4] (safety in numbers).
FIAB ribadisce la validità delle proprie campagne educative per la sicurezza del mezzo e nei comportamenti individuali di chi si muove in bicicletta (come ad es. “il ciclista illuminato”), in quanto ritiene doveroso il rispetto delle norme ed indispensabile che i ciclisti siano visibili in condizioni di scarsa visibilità, uniformandosi alle quattro regole fondamentali per la circolazione in bici: farsi vedere, farsi sentire, conoscere e rispettare le norme, essere prudenti.
Tutto ciò premesso, FIAB
– fa integralmente proprio quanto ribadito dalla propria Federazione Europea (ECF)[5] e cioè che “Andare in bicicletta è un’attività sicura, divertente e salutare, ugualmente, sia che si indossi un casco, sia che non lo si indossi” (Cycling is a safe, fun and healthy activity whether you wear a helmet or not).
– conferma la posizione già espressa in passato dal proprio CN[6] e manifesta la sua contrarietà ad ogni iniziativa volta ad introdurre l’obbligatorietà di dispositivi di “sicurezza passiva” a carico dei ciclisti, quali, a titolo esemplificativo,
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casco;
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gilet riflettente al di fuori delle ipotesi già attualmente previste dal vigente Codice della Strada;
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specchietti.
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Fiab chiede a tutte le Associazioni aderenti di conformarsi – e dare massimo a diffusione – a questi semplici principi con l’obiettivo di affermare la priorità della “sicurezza attiva”.
Prima bozza di Stefano Gerosa poi rivista dalle associazioni proponenti (e gruppo di lavoro):
1) FIAB Milano Ciclobby (Galli; Drufuca)
2) FIAB Firenze FirenzeInBici (Brizzi, Michi)
3) FIAB Lodi Ciclodi (Galatola)
4) FIAB Versilia BiciAmici (Andreozzi)